Bestie by Dizz Tate

Bestie by Dizz Tate

autore:Dizz Tate [Tate, Dizz]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza


9.

È da quando siamo nate che ci dicono di non avvicinarci mai al lago, ed è l’unica regola a cui nessuna di noi sia tentata di disubbidire. Le nostre madri usavano l’idea del mostro per minacciarci: andate a letto o vi lasciamo al buio sul pontile, piantatela di picchiare vostra sorella o vi buttiamo in una barca mentre dormite. Perfino i ragazzi che vogliono dimostrare di non avere paura di niente si rifiutano di toccare il lago anche solo con la punta di un piede, ostentando disinteresse e dicendo che è troppo pieno di merda e piscio. Di certo non per qualche storia scema sui mostri, dicono, e noi ridiamo come se ci credessimo e poi passiamo le notti a rabbrividire nel sonno, certe che il mostro sappia che siamo state proprio noi a deriderlo.

Anche i nostri fratelli e sorelle minori sono terrorizzati dal mostro, ma sono troppo giovani e non hanno ancora imparato a mentire. Sentono gli artigli che raspano nelle tubature dell’acqua, sentono il suo respiro ansargli vicino quando sbirciano nella vasca da bagno. Sentono la puzza, come di biancheria bagnata, e sanno che è nella stanza con loro, che li tiene d’occhio, in attesa che si addormentino. È per questo che si infilano di soppiatto nei nostri letti e noi li lasciamo fare, perché se facciamo finta di essere coraggiose ci sembra di esserlo davvero.

Prima di Leila abbiamo visto solo un altro essere umano entrare nel lago. L’abbiamo visto per caso con il binocolo poco prima del tramonto, qualche settimana prima della scomparsa di Sammy. Aspettavamo che Eddie passasse con la scala. Eravamo in anticipo, tutte agitate. Dentro di noi c’era la speranza di tutte le estati della storia, la speranza che presto anche noi avremmo avuto qualcuno per cui uscire di nascosto nelle notti rumorose e appiccicaticce, che presto ci sarebbe stato qualcuno che ci avrebbe sussurrato all’orecchio, che ci avrebbe portato qualcosa da mangiare e ci avrebbe abbracciate su un materasso sporco.

Avevamo messo a fuoco il muro bianco, cercando di individuare il punto preciso da cui di solito spuntava Sammy, quando ci siamo accorte di un ragazzo che svoltava l’angolo, furtivo, come se fosse appena uscito dal cancello di Falls Landing. Era il tramonto, la luce addolciva i contorni e illuminava i pappataci e le particelle d’aria, infondendo un luccichio sottile nell’atmosfera. Non era ancora diventato il ragazzo del lago, era solo un ragazzo. Non era nessuno che conoscessimo, anche se sembrava avere piú o meno la nostra età. Era solo. Lo abbiamo guardato entrare cauto nel cantiere e rimanere seduto sul gradino della casa campione. Ha infilato una mano in un buco nel gradino sbilenco, contorcendola un po’. Ne ha tirato fuori scarafaggi morti, blatte, porcellini di terra. Ha recuperato tutte le corazze una alla volta e poi le ha allineate sul pollice. Poi ha preso a lanciarle con uno scatto del dito, sempre piú lontano, strizzando gli occhi per vedere fin dove arrivavano. Dopodiché ha tolto dalla tasca una pistola giocattolo di quelle che vendono al discount, fatta di plastica trasparente e fosforescente.



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